“SE CONOSCO, NON HO BISOGNO DI CREDERE”. FALSO!
Questa espressione si fonda a priori sull’assunto che l’unico tipo di
conoscenza è quella che Iddio definisce nel Corano “certezza dell’occhio e
dell’orecchio”, in poche parole, tutto ciò che può essere sperimentato con il
corpo, poiché è al corpo che si fa allusione quando si nominano i cinque sensi.
Questa nozione
di conoscenza appartiene alla filosofia dell’empirismo enunciata da John Locke,
George Berkeley e David Hume (metà 1600 inizio 1700) strettamente materialista,
la quale nega a prescindere qualsiasi realtà che non possa essere provata,
appunto, coi cinque sensi fisici. Citò così Locke:
«Donde
[l'intelletto] ha tratto tutti questi materiali della ragione e della
conoscenza? Rispondo con una sola parola: dall'esperienza. È questo il
fondamento di tutte le nostre conoscenze; da qui esse traggono la loro prima
origine[2].»
E pensandoci, il
filosofo non aveva torto, in quanto il fondamento della conoscenza è
l’esperienza e senza di essa non potremo dire davvero di conoscere qualcosa, ma
solamente di pensare che qualcosa sia vera, senza tuttavia averne delle prove.
Ma la domanda è: quanti modi di sperimentare la realtà esistono? E soprattutto:
quante realtà esistono? Esiste solo la realtà della materia legata ai cinque
sensi, o anche quella dello spirito legata al cuore? I miscredenti dicono che
noi non possiamo avere esperienza di Dio, perché la sola esperienza che
possiamo fare è quella del corpo: tutto il resto sono suggestioni mentali,
illusioni, sostengono. Ma ciò è totalmente falso, e dimostra di come in realtà,
i miscredenti neghino tale realtà non perché sia falsa -in quanto molti uomini
ne fanno esperienza- ma perché per loro è inaccettabile dal momento che non
intendono fare un simile tipo di esperienza, tanto grande è il loro
attaccamento alla materia (dunya).
Infatti, chi
afferma così ignora il fatto che i veri servi di Dio che credono in Lui,
motivano e rafforzano la loro fede con un’esperienza vera e costante della
presenza divina nelle loro vite e nei loro cuori. La cosiddetta esperienza
dello spirito, che purtroppo sfugge ai materialisti senza saper neppure cosa si
perdono. Tale esperienza è trascendentale in quanto va al di là dei limiti
della materia, e pur tuttavia è percepibile da chiunque cerchi e desideri Iddio
con cuore sincero.
Tale esperienza,
ad esempio, il credente la percepisce ogni qualvolta compie la preghiera, o
quando ricorda Dio in altri momenti della giornata, o quando il Signore stesso
vuole manifestarsi ai cuori dei Suoi servi. Ci sono poi altre esperienze di Dio
che non riguardano direttamente il cuore: i cosiddetti “miracoli”, o “segni
evidenti”, che seppur non mostranti Iddio stesso in maniera diretta, ne
mostrano la presenza indirettamente nelle nostre vite.
Infatti, segni come la creazione che ci circonda e che dovrebbe farci ammettere implicitamente l’esistenza di un Creatore, per i materialisti non è abbastanza come prova, nonostante non ci sia nulla nel mondo che sia apparso senza un produttore pur avendo una struttura semplice (ad esempio una sedia o un mattone): figuriamoci dunque per ciò che ha strutture complesse, come gli organismi viventi! Uno dei primi musulmani arabi, rispondendo a una domanda in cui gli veniva chiesta una prova dell’esistenza di Dio, rispose:
“Oh, gloria ad Allah! Lo sterco del cammello testimonia
l'esistenza del cammello, e l’impronta lasciata sul suolo testimonia il fatto
che qualcuno vi stava camminando. A ragion di ciò, cosa penseresti di un cielo
stellato, di una terra solcata da percorsi e di un mare colmo di onde? Tutto
questo non testimonia forse l'esistenza del Sottile, il Sapiente?[3]”.
Altri segni non
riguardano la creazione, ma eventi particolari che riguardano la vita del
credente e che solo lui sa riconoscere come eventi miracolosi in quanto
presenti al momento giusto e nel posto giusto. Ad esempio, chiedo a Dio
qualcosa, e qualche tempo dopo, o subito dopo, vedo che quel che avevo chiesto
viene realizzato. Se ripeto questo procedimento ogni volta che chiedo a Dio in
modo sincero qualcosa, allora la mia fede aumenta a causa dell’esperienza del
fatto che, se chiedo, Dio mi risponde. Sarà dunque rafforzata in me la certezza
che Dio risponde: se non fosse stato così, le mie richieste sarebbero rimaste
inesaudite. Anche questa è esperienza di Dio, così come lo è quella della
percezione del cuore.
Dunque, in
conclusione:
1) L’intelletto
riconosce l’inevitabilità dell’esistenza di un Creatore innanzi a tutta questa
meraviglia e complessità di forme e colori;
2) Il cuore percepisce Dio, ed è un qualcosa che l’uomo non potrebbe mai percepire col solo suo pensiero o immaginazione, poiché è una sensazione di natura esterna all’uomo, che scende dall’alto e viene all’improvviso, senza che l’uomo faccia nulla a parte il fatto di desiderare Dio e aprirsi a Lui:
“Coloro che credono, che rasserenano i loro cuori al Ricordo di Allah. In verità, i cuori si rasserenano al Ricordo di Allah.”[4]
E ancora: “Egli è Colui Che ha fatto scendere la Pace nel cuore dei credenti, affinché possano accrescere la loro fede: [appartengono] ad Allah le armate dei cieli e della terra, Allah è sapiente, saggio”[5],
e: “Allah apre il cuore all'Islàm a coloro che vuole guidare, colui che vuole sviare, lo stringe e opprime il suo petto, come a chi fa sforzo a salire verso il cielo. Così Allah impone l'infamità a coloro che non credono.”[6]
E: “O voi che credete, rispondete ad Allah e al Suo Messaggero quando vi
chiama a ciò che vi fa rivivere e sappiate che Allah si insinua tra l'uomo e il
suo cuore e che sarete tutti radunati davanti a Lui.”[7].
3) Indirettamente
se Dio ci manda dei segni, la mente del credente li associa alla Sua presenza
nelle nostre vite, mentre la mente del miscredente li associa ad altro, ad
esempio alla fortuna, al caso, o a qualche altra spiegazione come la magia, la
“natura”, e chi più ne ha più ne metta. Pur di non riconoscere la verità più
chiara, il miscredente è in grado di ammettere le menzogne più assurde: “Ma
la maggior parte degli uomini rifiutò ogni segno, eccetto la miscredenza.”[8]
Dunque, cari lettori, non è vero che chi crede in Dio non ha vissuto alcuna esperienza di Dio. Infatti, se vogliamo rafforzare questa tesi, potremo aggiungere dicendo che i credenti di oggi si fidano anche delle esperienze dirette che, di Dio, ebbero i Suoi profeti.
Loro ebbero esperienze sensoriali dirette, assistendo ad
avvenimenti sovrannaturali, come la visione di angeli, demoni, o altre
dimensioni che gli uomini comuni non potevano vedere a causa della loro
impurità e bassezza spirituale. I profeti infatti, venivano sempre elevati
spiritualmente e purificati prima di esser avvicinati dall’Altissimo e dai Suoi
angeli messaggeri, e gli uomini comuni non avevano diritto, per questioni di
purezza, di fare esperienze di questo tipo.
Perciò, i
credenti credono a queste esperienze dirette del divino vissute dai profeti, e
dunque non è vero che chi crede in Dio non ha mai fatto esperienza di Lui,
anzi. È solo che tali esperienze sensoriali avvennero secoli fa, e il credente
di oggi si fida così come si fidarono di esse gli uomini di quei tempi che
seguirono quei profeti. Tuttavia, segni diretti sono anche, ad esempio, la
percezione del cuore che abbiamo menzionato in precedenza. Dunque, l’esperienza
di Dio c’è eccome: altrimenti come potremo dire di conoscere davvero Dio?
Ricordo infatti
un episodio in cui, quando ancora non ero musulmano e seguivo passivamente il
cattolicesimo, come voleva mia madre, quando la gente mi chiedeva se credessi
in Dio rispondevo di sì, ma nel mio cuore e nella mia mente non avevo la più
pallida idea di chi Egli fosse, giacché non avevo fatto alcun tipo di
esperienza diretta di Dio. Era una fede cieca, priva di prove, priva di
esperienze di ogni tipo.
Oggi il mondo,
nel suo isterico impeto di bramosia della materia, tende a soffocare e negare
del tutto ogni realtà dello spirito. Ma la verità è che le leggi della realtà
sono anche dettate dallo Spirito, e non dalla sola materia. La materia non sarà
mai l’unica e sola entità a dettare la verità, ma lo Spirito, che ha dato vita
alla materia, è Lui piuttosto a dettarla. Senza Spirito, la materia non sarebbe
animata, (cos’è la morte se non assenza di Spirito – Ruh in arabo) e sarebbe
uguale alla buccia di un frutto in decomposizione.
Eppure,
nonostante sia lo Spirito a darci modo di esistere, esso non viene affatto
tenuto in considerazione. I negatori, infatti, hanno i cuori talmente insensibili
da esser divenuti così malmessi da non poter più essere utilizzabili: non
funzionano più, un po' come un lucchetto arrugginito che non si apre e non può
essere più usato. E come si potrebbe mai dar fiducia a uomini i cuoi cuori sono
inutilizzabili e inaffidabili? Essi percepiscono solo un lato della realtà, per
altro in modo assolutamente limitato e soggettivo, mentre negano l’aspetto
d’essenza della realtà.
Sembrerà strano
ma il cosiddetto materialismo non è altro che una copia del pensiero dei
miscredenti delle epoche passate: la negazione ha sempre gli stessi tratti. Infatti,
già millenni fa, essi dissero ai loro profeti: “Costui
non è che un uomo come voi, mangia ciò che voi mangiate, e beve ciò che voi
bevete. Se obbedirete ad un vostro simile, sarete certo tra i perdenti! Davvero
vi promette che quando sarete morti, [ridotti a] polvere e ossa, sarete
risuscitati?
Lontano, lontano, è ciò che vi viene
promesso!
Non esiste altro che questa nostra vita: viviamo e
moriamo e non saremo risuscitati. Non è altro che un uomo
che ha inventato menzogne contro Allah e noi non gli presteremo alcuna fede!”.
(23:33-38).
“Non giunse loro alcun Monito, da parte del loro Signore, che non ascoltassero irriverenti, con i cuori distratti, mentre gli ingiusti tengono tra loro segreti conciliaboli: “Chi è costui, se non un uomo come voi? Volete prestar fede a illusioni, voi che lucidamente vedete?” (21:2-3).
Ecco vedete di come in quest’ultimo versetto, Iddio pone attenzione sul fatto
che i miscredenti avessero i cuori distratti (ossia come se non li avessero
affatto, al pari di un uomo al quale è stato dato uno strumento per fare un
certo lavoro, ma lo sotterra anziché utilizzarlo). Essendo infatti i cuori la
sede dell’intelletto e della percezione della realtà, chi ha i cuori duri e
insensibili non riuscirà mai a comprendere la realtà né a percepirla: “Non
percorrono dunque la terra? Non hanno cuori per capire e orecchi per sentire?
Ché in verità non sono gli occhi ad essere ciechi, ma sono ciechi i cuori nei
loro petti.” (22:46).
Al tempo stesso,
sempre al versetto della sura 21, si legge di come i miscredenti dai cuori
distratti dicano “volete prestar fede a illusioni, voi che lucidamente
vedete?”, e questa è esattamente la stessa cosa che ripetono oggi i
miscredenti, e cioè, dicono: “Perché mai dovremo accettare queste sciocche
illusioni quando noi vediamo chiaramente coi nostri occhi che “non c’è alcun
Dio”? notate di come, se i cuori sono ciechi, paradossalmente i miscredenti
si rifanno solo ai loro occhi per poter giudicare la realtà, escludendo del
tutto dal loro giudizio, i cuori loro, che pure sono strumenti fondamentali che
Iddio ha donato loro affinché comprendano la realtà: “Egli è Colui Che ha creato l'udito, la
vista e i cuori. Eppure, ben poco Gli siete riconoscenti.” (23:78).
Al contrario, i
credenti utilizzano sia i loro sensi fisici che i loro cuori, dunque il loro
giudizio della realtà è molto più completo e onesto rispetto a coloro che,
invece, negano i loro cuori e li sotterrano sotto la spessa coltre di
innumerevoli menzogne e iniquità[9].
Il credente non
nega la realtà che vede per seguire illusioni invisibili, ma la interpreta con
gli occhi del cuore, e perciò ne coglie l’essenza; il miscredente,
interpretandola coi soli occhi fisici, non ne coglie che l’apparenza, e per
questo ne viene facilmente ingannato. E chi vive secondo la sola apparenza
delle cose, vive la vita in modo rozzo e superficiale.
Chi dice oggi
che: “Non puoi dire di conoscere qualcosa se non ne fai esperienza” dice
il vero, ma deve ammettere che c’è anche un tipo di esperienza, che è quella
del cuore, che è reale e che solo i miscredenti negano per la semplice ragione
che il loro cuore è insensibile e duro; perciò, non sono più in grado di
utilizzarlo:
“Avevamo dato loro mezzi che a voi non abbiamo dato.
Avevamo donato loro l'udito, gli occhi e i cuori, ma il loro udito, i loro
occhi e i loro cuori non giovarono loro, perché negavano i segni di Allah.
(46:26)
Questi versetti
rivelati dall’Altissimo confermano quanto ho detto, e cioè che i cuori sono mezzi
per l’esperienza della realtà, in quanto Iddio ha nominato i cuori subito dopo
i due organi principali che l’uomo utilizza per fare esperienza delle cose,
ossia vista e udito. Ma subito dopo dice che i cuori sono “inutili” (per i miscredenti)
in quanto negano il loro utilizzo, e dunque essi sono ciechi e sordi anche se i
loro occhi e le loro orecchie funzionano perfettamente, perché la realtà, dice
il Creatore, può essere ben interpretata condicio sine qua non (solo
a condizione che) il cuore è sano e funziona correttamente, ma se è malato o
insensibile, non sarà possibile comprendere e interpretare bene le cose:
[39:22] Guai
a coloro che hanno i cuori insensibili al Ricordo di Allah. Essi sono in errore
evidente.
[58:19] Satana
si è impadronito di loro, al punto di far sì che dimenticassero il Ricordo di
Allah. Sono il partito di Satana e il partito di Satana in verità è perdente.
[59:19] Non
siate come coloro che dimenticano Allah e cui Allah fece dimenticare sé stessi.
Questi sono i malvagi.
I miscredenti
tendono a rinnegare i loro cuori, e vivono come se non li avessero. Li
utilizzano solo per bramare ciò che desiderano di questa vita terrena, mentre
li trascurano quando si tratta di dover comprendere e accettare certe verità
della vita che sono scomode per loro ma che sono fondamentali per la loro
stessa esistenza.
Ma i credenti
sono umili, e accettano il fatto che l’uomo, per comprendere la realtà nella
sua interezza non può prescindere l’utilizzo del suo cuore, senza il quale egli
non potrebbe comprendere se non l’1% delle cose.
Albert Einstein,
intuendolo, disse che l’uomo utilizza solo il 10% del suo cervello: ebbene, io
lo correggo secondo quanto rivela Iddio, dicendo che, se esso ha così poca
intelligenza è perché nega il suo cuore, non lo utilizza come dovrebbe,
piuttosto che il cervello.
La scienza del
cuore che solo l’Islam ha riportato in auge nell’umanità -scienza non intesa
come mera cardiologia, ossia identificando il cuore come una pompa di sangue
muscolare ma come il portale per l’anima- ormai non viene più insegnata in
occidente, e la verità è che il 99% della realtà e dei suoi eventi sono
compresi dall’uomo “sentendo e comprendendo” col suo cuore e non “vedendo,
ascoltando e memorizzando”. È proprio ascoltando la sensazione del cuore che
l’uomo sa come porsi innanzi ai pericoli o alle sfide della vita, e non grazie
alla sua vista o al suo udito, che possono solamente informarlo dei pericoli
imminenti e dei fenomeni apparenti, ma non possono di certo avvertirlo prima, o
lasciargli intendere più a fondo la natura di certe cose che, se venissero
giudicate sull’apparenza ingannerebbero.
Allo stesso modo
l’intuizione e l’ispirazione, grandissimi doni che l’umanità ha utilizzato per
fare le più sensazionali scoperte che oggi giorno sono state solamente
“rivisitate e migliorate” ma non inventate, sono facoltà del cuore, non dei
sensi fisici. I sensi perfezionano e completano solo ciò che il cuore ha già
cominciato. E inoltre, il cuore è la sede della misericordia, tant’è che ancora
oggi quando amiamo qualcuno gli mandiamo un cuore, o quando esortiamo qualcuno
ad essere più buono gli diciamo: “Ma non hai un cuore?”. Oppure, il cuore è la
sede dove percepiamo gioia e dolore, ad esempio, ci viene spontaneo dire,
quando qualcuno ci ferisce: “Mi ha spezzato il cuore”. È persino la sede della
tranquillità perché, quando sentiamo la pace diciamo: “Che pace nel cuore che
sento”. Non è dunque solo “una pompa muscolare”.
Bisognerebbe
chiedersi dunque: come sarebbe l’umanità se utilizzasse solo i suoi sensi
fisici ed escludesse del tutto il suo cuore? Del resto, è quello che oggi la
società insegna agli uomini, sin da bambini: non hai un cuore se non per
pompare sangue. È il “furto d’organo più clamoroso della storia”, per mezzo del
quale la società materialista ha privato gli uomini del loro più potente mezzo
per poter comprendere ciò che accade dentro di loro e fuori di loro. Senz’altro
un ottimo stratagemma per poterli meglio controllare e dirigere come bestiame
da soma verso ciò che si desidera. Mangiate, bevete, riproducetevi, lavorate, e
di nuovo da capo. Controllare uomini che hanno accettato questo come loro
modello di vita, è un gioco da ragazzi: basta far si che abbiano portafogli e
frigoriferi pieni e iper-sessualizzazione in abbondanza, ed ecco che i docili
animali umani sono felici e non si pongono più domande su nulla! Ma come
afferma il Creatore: In verità, di fronte ad Allah, le peggiori bestie sono
costoro: sordi e muti, che non comprendono. (8:22).
Inoltre, coloro
che dicono che una cosa è credere in Dio e un’altra è conoscere Dio, dicono
anche che la fede è una cosa, e la conoscenza è un’altra. Dicono: “Se io
conosco qualcosa, non ho bisogno di credere in quella cosa, mentre solo se non
la conoscono devo crederci. Ad esempio, se io dico che “credo a quello che dici”,
significa che non so se sia vero oppure no, ma ti credo per fede. Se invece ti
dico che “conosco che quello che dici è vero”, non ho bisogno di prestarti fede
perché già conosco che è vero. Non si ha bisogno di credere in ciò che già si
conosce. Per questo, la fede sarà inutile quando gli uomini saranno davanti a
Dio, perché non servirà alcuna fede dal momento che vedranno. La fede serve
solo se non puoi fare esperienza reale di qualcosa, e dunque devi crederci e
basta, ad occhi chiusa. Ecco perché la fede è un atto irrazionale.” In
sostanza, secondo questo pensiero la verità non richiede fede per essere
accettata, poiché sarebbe palesemente accettabile per tutti. Ma è proprio così?
Questo
ingannevole pensiero può essere districato con la Parola di Dio, fonte d’ogni
verità e saggezza. Anzitutto, nel sacro Corano Iddio dice che persino coloro
che sono al Suo cospetto e che Lo lodano in ogni istante, cioè gli angeli,
credono in Dio nonostante Lo vedano chiaramente: “Coloro che sostengono il
Trono e coloro che lo circondano, glorificano e lodano il loro Signore, credono
in Lui e invocano il perdono per i credenti.” (40:7). Ci si potrebbe
chiedere dunque: che bisogno c’è per gli angeli di credere in Dio nonostante Lo
vedano apertamente? Ma dirò di più: perfino i profeti, che videro gli angeli e
i segni più grandi di Dio, credono in Dio nonostante abbiano fatto esperienza
di Lui coi loro sensi: “Il Messaggero crede in quello che è stato fatto
scendere su di lui da parte del suo Signore, come del resto i credenti: tutti
credono in Allah, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri e nei Suoi Messaggeri.” (2:285).
Anche qui ci si potrebbe chiedere: il messaggero, cioè Muhammad, perché mai
avrebbe bisogno di credere nella rivelazione che ha ricevuto, se sa benissimo
che è stato un angelo chiaramente visibile a rivelargliela? Ciò proprio in
quanto non è detto che un uomo crede alla realtà anche se i suoi sensi possono
sperimentarla. Non è detto che, se un uomo vedesse Dio, crederebbe in Lui,
anzi! Direbbe senz’altro: “Questa è un’illusione, un effetto ottico!
[52:44]
“Se vedessero cadere un pezzo di cielo, direbbero: “È un cumulo di nuvole”.
[6:25]
“C'è qualcuno di loro che viene ad ascoltarti, ma Noi abbiamo sigillato i cuori
loro e appesantito le loro orecchie, sì che non possano comprendere. Anche se
vedessero ogni genere di segni, non crederebbero. Quando vengono a polemizzare
con te coloro che non credono, dicono: “Non sono che favole degli antichi!”.
[7:146]
“Presto allontanerò dai segni Miei, coloro che sono orgogliosi sulla terra.
Quand'anche vedessero ogni segno non crederanno; se vedessero la retta via, non
la seguirebbero; se vedessero il sentiero della perdizione, lo sceglierebbero
come loro via. Ciò in quanto tacciano di menzogna i Nostri segni e sono
noncuranti di essi.”
[10:96,97]
“In verità, coloro contro i quali si realizzerà la Parola del tuo Signore non
crederanno, anche se giungessero loro tutti i segni, finché non vedranno il
castigo terribile.”
Quanti uomini hanno visto i segni di Dio più
grandi, eppure non hanno creduto! Quanti uomini hanno ascoltato parole di
verità e di saggezza, eppure rimasero scettici! Osservate la storia dei figli
di Israele, coloro che Dio salvò da faraone e scelse in quanto portatori della
Parola divina ai popoli, missione che tuttavia non venne da loro eseguita a
dovere. Essi videro coi loro occhi le dodici piaghe che afflissero l’Egitto,
rendendolo da temibile potenza a regno distrutto in poco tempo; video coi loro
occhi il Mar Rosso aprirsi in due per farli passare; videro coi loro occhi
faraone annegare; coi loro occhi videro la manna e le quaglie scendere sul
deserto per nutrirli, senza che facessero alcuno sforzo; coi loro occhi videro
le dodici fonti sgorgare dalla roccia che colpì Mosè, le quali avrebbero abbeverato
le dodici tribù di Israele; videro resuscitare un morto ucciso, dopo il
sacrificio di una vacca, affinché questi gli indicasse il suo vero assassino[10];
e videro altri innumerevoli segni, portati loro dai profeti di Dio, fino al
profeta Muhammad, pace e benedizione su di loro. Eppure, essi rimasero
miscredenti, anzi, lo furono già poco dopo esser stati tratti in salvo da
faraone e usciti dall’Egitto[11],
e uccisero molti profeti di Dio e molti altri ne tacciarono di menzogna: [5:70]
“Accettammo il patto dei Figli di Israele e inviammo loro i messaggeri. Ogni
volta che un messaggero recò loro qualcosa che i loro animi non desideravano,
ne tacciarono di menzogna alcuni, e ne uccisero altri.”
Non è dunque detto
che “chi vede non ha bisogno di credere, perché è già convinto di quello che
vede! Anzi! Deve comunque credere a ciò che i propri occhi vedono o le proprie
orecchie ascoltano!
La fede è dunque
un requisito necessario affinché sia riconosciuto e accettato come vero persino
ciò che i sensi sperimentano. Infatti, un uomo potrebbe anche vedere Dio, ma
smentire i propri occhi e dire: “Non è Dio quel che vediamo, sarà solo
un’illusione ottica”.
“Se
anche aprissimo loro una porta del cielo, perché possano ascendervi, direbbero:
“I nostri occhi sono ipnotizzati o ci hanno lanciato un sortilegio!”.
(15:14-15).
“Quand'anche
facessimo scendere gli angeli su di loro, i morti parlassero e radunassimo
tutte le cose di fronte a loro, crederebbero solo se Allah vuole. Ma la maggior
parte di loro ignora!” (6:111).
L’uomo ha
infatti avuto la facoltà di negare la verità nonostante la sua palese evidenza.
[43:56] “Già
inviammo Mosè con i Nostri segni al Faraone e ai suoi notabili. Disse: “Io sono
il messaggero del Signore dei mondi”. Quando
mostrò loro i Nostri segni, essi li schernirono, mentre
ogni segno che facemmo vedere loro era più grande dell'altro! Li colpimmo con
il castigo affinché tornassero a Noi... [ma rimasero miscredenti].”
Non è vero,
dunque, che per esser certi di una verità ci basta sperimentarla con i sensi
fisici: bisogna credere che ciò che si è sperimentato sia VERO e non falso,
senza metter in dubbio i mezzi con cui abbiamo sperimentato quella realtà. La
fede, dunque, è un requisito fondamentale per poter esser convinti della verità
e seguirla. La verità, anche se la vediamo chiaramente, non potrà mai esser
considerata da noi come tale finché non crediamo in essa e non la accettiamo
come tale, altrimenti, per noi rimarrebbe una menzogna. Ecco perché l’Altissimo
dice:
[46:26] “Avevamo
dato loro mezzi che a voi non abbiamo dato. Avevamo donato loro l'udito, gli
occhi e i cuori, ma il loro udito, i loro occhi e i loro cuori non giovarono
loro, perché negavano i segni di Allah.”
Perché Dio ha
messo il cuore tra i sensi principali che usiamo per percepire la realtà, ossia
occhi e udito? Perché i cuori ci danno modo di comprendere la realtà, ma
soprattutto di accettarla. È il cuore che deve sincerarsi di ciò che i nostri
occhi han visto e le nostre orecchie udito, e di conseguenza è il cuore che ha
il compito di accettare o meno ciò di cui abbiamo fatto esperienza. E il cuore
stesso non solo accetta o meno quello che hanno sperimentato altri sensi, ma
persino quello che sperimenta il cuore stesso, perché non è detto che, se un uomo
sente una sensazione nel suo cuore o ha un’intuizione, vi presti poi fede solo perché
l’ha sentita col suo cuore. Al cuore in questo caso, spetta l’arduo compito di
credere in ciò che noi sperimentiamo.
In poche parole,
dunque, coloro che negano la realtà, in quanto non son disposti ad accettarla, non
traggono alcun beneficio dai loro stessi sensi, nonostante possano utilizzarli
liberamente. È come se non li avessero, dal momento che non li utilizzano per quello
che dovrebbero, e cioè, per riconoscere la verità. Infatti, il Creatore ci ha
donato occhi, udito e cuori per uno scopo preciso, che è quello di comprendere
la verità delle cose e risalire alla Verità più alta e sublime dalla quale ogni
proviene ogni altra verità, e cioè Lui stesso. ma se l’uomo non utilizza i suoi
occhi, orecchi e cuori per tale scopo, e lo utilizza solo per seguire i suoi
capricci e desideri, è ben chiaro che non trarrà alcun beneficio da ciò. La
metafora di questa situazione è quella di un operaio al quale sono stati dati
degli strumenti affinché li utilizzi per compiere un lavoro, ma egli, anziché usarli
per quello, alcuni li ripone nel magazzino, e altri li utilizza soltanto per
passare il tempo e crogiolarsi, senza però portare a termine neppure uno dei
lavori che avrebbe dovuto compiere. Così è l’uomo, quando anziché utilizzare vista,
udito e cuore per cogliere i Segni di Dio e accettare la verità, li usa per
seguire i suoi desideri e commettere il male.
Dunque: non
basta sperimentare coi tuoi sensi una realtà per esserne convinto: devi credere
nei tuoi sensi! Non basta sentire una sensazione con il tuo cuore per esser
convinto di ciò che hai sentito: devi crederci! Infatti, se bastasse vedere la
realtà per poterci credere, nessuno avrebbe modo di rifiutarla, eppure sono
molti coloro che seguono menzogne nonostante sia palese la verità. Come lo possono
spiegare questo, i miscredenti? Perché semplicemente uno per esser convinto che
quel che ha visto, udito o percepito col cuore è verità, deve crederci. La percezione
dei sensi (cuore compreso) non basta, da sola, a renderci convinti che ciò che
abbiamo sperimentato sia autentico, se poi noi siamo i primi a rinnegarlo. La fede
è perciò un atto volitivo successivo all’esperienza, che è può esserci oppure
no, in base alla disposizione dell’individuo di credere oppure no in ciò che ha
appena sperimentato, in qualsiasi tipo di percezione essa sia.
Perciò, cari
lettori pazienti, in conclusione: conoscere è sinonimo di sperimentare. Anche
se noi conosciamo/sperimentiamo qualcosa, dobbiamo comunque credere che ciò che
abbiamo conosciuto/sperimentato sia vero e non falso. Non è vero che, se io
conoscessi che una cosa è vera allora non avrei bisogno di credere che lo sia
perché, se non lo credessi, negherei l’evidenza anche se i miei sensi mi dicono
il contrario. La negazione (al kufr) si pone come ostacolo tra l’uomo e il suo
cuore, e gli impedisce di accettare la realtà anche se questa è percettibile
dai suoi stessi occhi.
[1] Intervista di Logan Paul a Sadhguru: https://www.youtube.com/watch?v=oINxyuIUYU4
[2] (Saggio sull'intelletto umano, libro II, cap. I).
[3] Fonte: Tafsīr Ibn Kathīr 2:21
[4] Corano 13:28
[5] Corano 48:4
[6] Corano 6:125
[7] Corano 8:24
[8] Corano 25:50
[9] (in arabo infatti, la parola iniquità si traduce con zhulm, che
significa anche tenebra (zhulumaat), come se commettere iniquità coprisse il
cuore di chi le commette con una spessa coltre di oscurità).
[10] Corano 2:67
[11] Corano 2:54
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